mercoledì 2 luglio 2008

Il dio vestito da gelataio

Lunedì 30 Giugno, Arena di Verona, caldo, circa 15000 persone. Non ci sono giochi gladiatori, opere liriche nè tantomeno il carrozzone del Festivalbar a giustificare la mia presenza solitaria, costatami tempo, denaro, stanchezza, grandine in autostrada e soprattutto rinuncia al ripasso del giorno pre-esame (l'ultimo tra l'altro). Dirò di più: la mia è una follia premeditata da Novembre, non appena ho avuto notizia dell'evento che mi avrebbe portato in Veneto più di 6 mesi dopo.
Ebbene, chi mi conosce almeno un pò sa che poteva esserci solo una ragione per tutto questo...
Iniziano a sentirsi i primi colpi sui bonghi e le congas, la tastiera attacca dopo una ventina di secondi. I fan più esperti, circa la metà dei presenti probabilmente, riconoscono da subito le prime note di "Jingo"; gli altri non sanno assolutamente che è l'inizio di uno dei grandi capolavori del rock ma apprezzano comunque. Al momento giusto si sente un suono di chitarra lancinante e magnifico ed appare magicamente da dietro al palco una figura completamente bianca, dal cappello, alla camicia sbracciata fino ai pantaloni e alle scarpe. Chiunque altro vestito così sembrerebbe un gelataio o uno zingaro, ma così non è per Sua Maestà Carlos Santana. Sembra un dio greco, poco importa se solitamente le divinità non hanno i baffi o tantomeno imbracciano una chitarra elettrica. Le movenze sono felpate, sembra tutto fuorchè un mortale; provare a immaginarlo mentre paga una bolletta o starnutisce mi riesce quasi impossibile. Le note che escono dallo strumento sono più espressive di qualsiasi voce e sentire che il suono è proprio uguale a quello che si può apprezzare sugli album è una sensazione favolosa. Ed ancora più bello è vedere il proprio idolo a una trentina di metri di distanza e viene da pensare a tutte le volte che hai ascoltato le sue canzoni, in casa o fuori, e vorresti dirgli grazie perchè quelle canzoni ormai sono un piccolo pezzo di te stesso. E vedere che tutte le altre persone che sono lì la pensano più o meno alla tua maniera, che battono le mani e ballano come dei pazzi, come te, vale il prezzo del biglietto.
Quando la band attacca "Soul Sacrifice" sullo schermo dietro al palco passano le immagini dell'esibizione della stessa canzone a Woodstock, 1969. E bisogna stimare quel messicano, ormai non più giovanissimo, se riesce a trasmettere la stessa carica, la stessa energia a gente così diversa a 40 anni di distanza. Vedere che certe canzoni non hanno perso la forza esplosiva o la carica romantica di un tempo è quasi tranquillizzante, perchè per un pò si può pensare che il tempo sia davvero relativo e che non tutto è destinato ad appassire.
Per la cronaca: il concerto di 2 ore e mezza è stato praticamente perfetto, il Divino Carlos si è anche lasciato spazio per qualche piccolo divertissement, come il suonare una strofa de "Il buono, il brutto e il cattivo" e ha suonato molti nuovi successi insieme ad alcuni grandi classici. E' la seconda volta che lo sento suonare dal vivo: non so se ci sarà una terza occasione. Non vorrei correre il rischio di vederlo starnutire: se si vedono troppo spesso gli dei si comincia a dubitare della loro natura divina...

3 commenti:

dadoebasta ha detto...

Senti ma perché non gli chiedi di uscire a questo gelataio se ti piace così tanto?! Magari va a finire che ti offre pure il suo...gelato!!! lol

ieloielo ha detto...

T'è proprio un mòna...

Rotolo ha detto...

Davide hai ragione, non bisogna dimenticare che carlos lavora nel mondo dell'arte!!rotfl